Ulteriore menzogna che spesso circola, ossia che la macinazione della farina comporta un surriscaldamento della stessa e una perdita notevole in termini di vitamine e sostanze nutraceutiche termolabili.
E di chi è la colpa? Della modernità! una volta invece…
Nulla di più sbagliato. È esattamente il contrario.
Il surriscaldamento è presente nelle macinazioni cosiddette a pietra, per gli attriti tra i rulli ricoperti da polvere di pietra e i frumenti, e non nella serie di rulli (a volte anche 14 e più, destinati alla macinazione delle farine 00) della macine moderne.
Per sincerarsi di ciò basta recarsi presso un qualsiasi molino e farsi passare una manciata di farina 00 in uscita dal laminatoio. Vi sarà agevole notare al tatto che è fredda. Stessa prova in macinazione a pietra di farina integrale vi mostrerà che la farina è lievemente tiepida.
Come spiega Dissapore la molitura (o macinazione) a cilindri è un processo di produzione della farina in un certo numero di passaggi (da un minimo di 6/8 ad un massimo di 30) attraverso la rottura e lo schiacciamento del chicco di grano mediante l’utilizzo di macchine chiamate laminatoi (al cui interno ruotano dei cilindri contrapposti a velocità molto elevata) e al contemporaneo setacciamento (in gergo abburrattamento) attraverso delle macchine chiamate plansichter.
“Utilizzare la farina macinata a pietra significa scoprire un mondo nuovo, antico ma nuovo per noi, e come per tutte le cose nuove bisogna imparare a conoscerle”, si legge sul web. Ecco, bravo, impara a conoscerle.
La farina non viene riscaldata o bruciata nei mulini moderni ma in quelli antichi, quelli dell’agiografia del “c’era una volta”, del passato splendido che non è mai esistito se non per quel bagaglio di fatica e dolore che si è troppo facilmente dimenticato.
“Una volta l’artigiano prendeva il chicco, lo buttava nella vasca e lo schiacciava, senza se e senza ma.
Credete davvero che si prestasse attenzione alla quantità di glutine, all’assorbimento o alla percentuale di ceneri, o addirittura alla pulizia della granella? Era già tanto se si disponeva di qualche sacco da macinare per fare del pane con il quale sfamare la famiglia.
La generalizzazione, come sempre, è il vero nemico dell’informazione”.
Come ho spiegato nel precedente articolo sulla bufala della farina doppio zero, nei mulini a cilindri moderni (costruiti dagli anni ’80 in poi), si ottiene il 75% di farina tipo 00 e il 25% di sottoprodotti della macinazione classificati come crusca, cruschello, tritello, farinaccio.
Questi sottoprodotti possono essere successivamente reintrodotti nella farina in varie percentuali per ottenere, attraverso ricostituzione, le farine 0, tipo 1, tipo 2 ed integrale.
Le farine così realizzate sono note come “ricostituite”.
Continua Dissapore “la farina 00, contenente meno parte cruscale, viene considerata come un veleno da evitare; l’integrale al contrario, è osannata e consigliata da schiere di dietologi improvvisati, un fattore che inevitabilmente permette l’immissione sul mercato di prodotti scadenti, finti, ricostruiti e pieni di miglioratori chimici a scopo di ovvio lucro.
A prescindere dalla capacità del consumatore medio di fare la spesa in modo sensato il fulcro dell’attenzione deve essere il risultato, non la raffinazione della materia prima; quest’ultima si rende infatti genericamente (e sottolineo genericamente) preferibile per tutti quei prodotti che necessitano di determinate caratteristiche, come l’estensibilità: … ad esempio, farine bianche per la pizza al piatto, napoletana o romana che sia (dalla sezione minima e coperta da ingredienti, che rendono inutile l’apporto di sapore aggiuntivo e che richiedono estensibilità in stesura), semi-integrali o integrali per pizze in teglia, alla pala e per il pane (dalla sezione più importante o spesso bianche, dove il sapore aggiuntivo dà importanza all’impasto)…
Una conclusione rapida e indolore?
Quando in tv vi ritrovate davanti all’infallibile “dottore” che annuncia la beatificazione delle integrali e la dannazione delle raffinate, gettate direttamente lo schermo dalla finestra”.